Gianfranco Bedin, campione della Grande Inter,
E' stato all'Inter dal 1963-64 al 1973-74, per
un totale di 310 presenze e 23 goal, vincendo da
protagonista con la Grande Inter due scudetti, una
Coppa dei Campioni e una Coppa Intercontinentale.
Nel suo Palmarès ci sono complessivamente tre
scudetti (1964-65, 1965-66 e 1970-71), una Coppa dei
Campioni (1964-65) e 2
Coppe Intercontinentali (1964 e 1965).
Calcisticamente è cresciuto nell'Inter, dove ha
esordito in prima squadra in Coppa Italia, nella
stagione 1963-64. In Campionato, lanciato da Herrera
come titolare al posto di Carlo Tagnin, ha esordito
invece nella stagione seguente, assicurando al
centrocampo dinamismo e parecchi gol. Dopo essere
stato accantonato da Heriberto Herrera, nel 1971,
rilanciato da Giovanni Invernizzi, ha vinto
il suo terzo scudetto, l'undicesimo per l'Inter. Bedin ricopre il ruolo di
consulente tecnico per la prima squadra nerazzurra
(dal periodo in cui la squadra era allenata da
Stramaccioni).
In un'intervista rilasciata da Bedin a Francesco Caremani per Storie di calcio, si legge: "Quarant'anni fa il mediano era il marcatore della mezz'ala avversaria, il giocatore più forte, con il compito di annullarlo. Io [mediano] ci sono diventato. L'allenatore ha visto in me determinate caratteristiche, il gran correre per esempio, e alla fine da punta che ero mi sono ritrovato a centrocampo,in marcatura." ...
Delle sfide con Rivera, Gianfranco Bedin ricorda: "Sicuramente uno degli avversari più difficili da marcare. Giocava sempre a testa alta e quando prendeva la palla diventata impossibile togliergliela. Dovevo essere sempre concentrato, giocare d'anticipo e dargli fastidio, toccarlo... Quando li toccavi giocatori come Rivera si distraevano, si ribellavano, protestavano e non seguivano più la palla. Stesso trattamento per Pelé ed Eusebio".
Sul suo rapporto con Helenio Herrera, osserva: "Dal momento in cui mi affibbio il 4 ebbe grosse pretese. Non solo dovevo marcare il giocatore avversario più forte per rompere il gioco dell'altra squadra, ma recuperare e impostare. Ci credeva lui e ci credevo molto anch'io, perché in quel momento, nel momento in cui ripartivo palla al piede, io ero l'uomo in più della squadra. Herrera ci teneva molto e forse in quel mosaico io ero l'ultimo tassello che mancava per renderlo completo. ... Perché era quasi impossibile che i Rivera, i Sivori, i Pelé, gli Eusebio, i Di Stefano, una volta persa la palla tentassero di rincorrermi e questo Herrera me lo ripeteva spesso". ...
Quando il giornalista Francesco Caremani gli domanda cosa, di quel suo ruolo, gli sia rimasto dentro, risponde: "Il rispetto, la correttezza, l'educazione, la lealtà,l'amicizia, il gruppo. Cose che ho portato anche in famiglia". ... "Io provavo piacere a correre, a marcare, insomma a fare il mediano. ... Non sentivo sacrificio, ma soddisfazione." ... "Ho amato e amo questo sport [il calcio] più di qualsiasi altra cosa. Per me è stato fondamentale, sotto il profilo della maturazione, della crescita interiore, dell'educazione e del rispetto. Io vengo da una famiglia molto povera, il calcio mi ha permesso di guadagnare bene, di mettere a posto me e la mia famiglia, nonostante questo l'ho sempre vissuto come passione e non come fonte di guadagno. Io per il calcio ho pianto e piango ancora, vorrà pur dire qualcosa."
Furio Zara, nel suo "Tutti gli uomini che hanno fatto grande l'Inter", dice: "Chiedete a Gianni Rivera chi era Gianfranco Bedin. chiedetegli cosa succedeva nei derby, di quanto soffrisse e di come Bedin lo marcasse rigorosamente a uomo. Erano i tempi in cui gli allenatori partivano da una premessa semplice: bisogna bloccare la fonte di gioco avversaria. Nell'Inter degli anni Sessanta e dei primi Settanta l'uomo incaricato a svolgere questo compito era proprio lui: Gianfranco Bedin. I più grandi dell'epoca sono tutti passati dalle sue parti. E lui li ha trattati tutti alla stessa maniera. Da Di Stefano a Eusebio, fino a Sivori. La parola d'ordine era: questi vanno annullati. Ci pensava Bedin. Per lui era una sorta di missione." ... "Di fatto prende il posto e il ruolo di Carlo Tagnin, altro mediano settepolmoni che ha fatto la fortuna dell'Inter. Nella Grande Inter è un elemento preziosissimo, fondamentale per la generosità con cui scandisce ogni prestazione." ... "Il suo mentore è Helenio Herrera.
C'è una foto che li ritrae insieme, alla fine di una partita a San Siro. Bedin sta uscendo dal campo. E' sudato, i capelli gli stanno appiccicati sulla fronte, la maglia a strisce nere e azzurre è logora, una manica è tirata su, l'altra no ... Nella foto il Mago appoggia la mano sulla spalla di Bedin: è il suo modo per ringraziarlo, per fargli sapere che senza di lui sarebbe stata un'altra storia" ... "L'ultimo tricolore, quello della rimonta nel 1971, è probabilmente il più gratificante. In estate Heriberto Herrera l'ha fatto fuori, escludendolo dalla formazione titolare. Ma quando arriva Gianni Invernizi, Bedin ritrova il suo posto in mezzo al campo e vive una seconda giovinezza. Ripaga Invernizi con l'impegno di sempre, raddoppiato dall'orgoglio di un giocatore che, a soli 26 anni, si sentiva scaricato e che invece si scopre ancora utilissimo alla causa nerazzurra e addirittura viene richiamato in Nazionale, che per cinque anni l'aveva dimenticato." ... "Il legame con l'Inter resta fortissimo. rientra in nerazzurro, infatti, come osservatore e talent scout".
Palmarès di Gianfranco Bedin
Club
Competizioni nazionali
Campionato italiano: 3
- Inter: 1964-1965, 1965-1966, 1970-1971
Competizioni internazionali
Coppa dei Campioni: 1
Inter: 1964-1965
Coppa Intercontinentale: 2
Inter: 1964, 1965