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L' Inter, Gino Strada ed Emergency
L'Inter festeggia i
vent'anni di Emergency
Sulle maglie dei nerazzurri
che scenderanno in campo oggi nella gara
contro il Chievo spiccherà una patch
celebrativa per festeggiare i vent'anni
dell'associazione
MILANO
- Sono passati vent'anni da quel 15
maggio 1994, da quella sera in cui qualcosa
stava per cambiare. Un gruppo di amici si
ritrova con un obiettivo ben preciso:
fondare un'organizzazione 'per le vittime di
guerra, delle mine e della povertà, curare
tutti, curarli bene, curarli gratis, andare
a portare aiuto dove non c'erano altre
possibilità di essere aiutati'. Vent'anni
dopo, stando alle belle parole scritte da
Cecilia Strada, presidente di Emergency,
quegli amici ci sono riusciti.
Il primo passo fu l'intervento in Ruanda
nello stesso anno, subito dopo il genocidio.
Poi seguirono molti altri paesi, per un
totale, ad oggi, di 16, con aiuti arrivati a
più di 6 milioni di persone. E poi la
costruzione di ospedali, centri chirurgici,
di riabilitazione, pediatrici, solo per
citarne alcuni.
Quelle di Emergency si possono considerare
vere e proprie vittorie, arrivate alla fine
di partite non facili, c'è da scommetterci.
Tra ciò che è stato fatto e, soprattutto,
ciò che si farà, i vent'anni di Emergency
sono un compleanno da festeggiare tutti
insieme: ecco perché F.C. Internazionale ha
deciso di partecipare alla festa
dell'associazione.
In occasione di Chievo-Inter, ultima gara
della stagione 2013/2014, i nerazzurri
vestiranno una maglia speciale, con la
scritta 'Venti' ben in evidenza sul braccio
sinistro. Un modo per sottolineare
l'importanza del messaggio di cui Emergency
si è fatta promotrice e portatrice in tutti
questi anni. Un modo per farlo arrivare
anche a tutti i tifosi dell'Inter sparsi in
ogni angolo del globo, per una celebrazione
di livello 'Internazionale', dedicata a
tutti quelli che vent'anni fa ci hanno
creduto davvero.
18.05.2014
- tratto da INTER.IT
Emergency
Inter for Emergency: intervista a Gino Strada
Vi proponiamo la lettura
della conversazione di
Daniele Redaelli pubblicata
da www.gazzetta.it
MILANO -
L'articolo, a firma Daniele
Redaelli, è stato pubblicato
da www.gazzetta.it e, in
parte, sull'edizione del
quotidiano in edicola oggi.
Una bella conversazione tra
il giornalista e Gino
Strada, che www.inter.it vi
ripropone per comprendere
ancora di più il senso del
nuovo capitolo di "Inter for
Emergency".
"La strada verso Kabul -
Gino Strada ha 62 anni ed è
reduce da un'epatite B
('l'ho presa operando un
bambino che ne era affetto a
Khartoum, può succedere in
sala operatoria') che l'ha
bloccato per due mesi, ma il
fondatore di Emergency è
abituato a stare sulle
barricate senza badare a
convalescenze e stanchezza.
Infatti, parte per
l'Afghanistan 'con
l'obiettivo - spiega - di
riaprire l'ospedale di
Lashkar-gah che abbiamo
dovuto chiudere in aprile
(dopo l'irruzione della
polizia e il conseguente
arresto dei tre operatori
poi liberati e scagionati,
n.d.r.). È in una zona di
combattimenti dove non
esiste altra struttura.
Quando c'è qualche ferito
cercano di portarcelo a
Kabul, ma spesso muore
durante il viaggio. Noi
vogliamo riprendere a curare
gratuitamente le vittime,
senza stare a chiedere per
chi uno abbia votato. Questa
dovrebbe essere l'assoluta
normalità per un medico, ma
purtroppo aumentano coloro
che mettono in discussione
anche l'ovvietà. Il primo
problema del pompiere è
spegnere l'incendio, non
capire perché c'è il fuoco.
Invece si mettono in
discussione le basi del
vivere in una società:
assistenza sanitaria e
istruzione'.
La coppa - Come sempre
Moratti è stato molto
attento e sollecito nei
confronti di Emergency. 'Per
ovvie ragioni di
scaramanzia, quando
sognavamo la conquista della
coppa che mancava da 45
anni, non ne abbiamo
parlato, ma già il giorno
dopo la finale gli ho
proposto di rendere questa
vittoria sportiva tanto a
lungo attesa un fatto
socialmente utile e non un
trofeo da conservare in una
bacheca. Massimo è stato
immediatamente d'accordo,
così come tutta la struttura
societaria. All'Inter hanno
questa sensibilità. Così è
nata l'idea di finanziare il
progetto di Goma. Laggiù un
bambino su 4 non arriva a
compiere i 5 anni, come
spesso succede è una guerra
dimenticata, come sempre
quando si raffredda
l'attenzione dei media'.
Nerazzurro da sempre -
Strada viene da Sesto San
Giovanni, Rione Vittoria,
probabilmente il quartiere
più operaio di quella che
era la città operaia per
eccellenza. Un passato
giovanile sui campi di
calcio, anche nella squadra
della Pirelli. 'Mio padre
lavorava alla Breda ed era
nerazzurro. Un paio di volte
all'anno si concedeva, e mi
concedeva, il lusso di una
partita a San Siro, settore
popolari. Naturalmente sono
diventato nerazzurro
anch'io. Uno dei primi
ricordi che ho è Inter-Spal
8-0 con 5 gol di Angelillo,
avevo dieci anni. Della
Grande Inter, quella di
Facchetti, ammiravo le
giocate di Mariolino Corso e
i lanci millimetrici di
Luisito Suarez. Poi mi sono
entusiasmato per le
cavalcate di Matthäus e per
la determinazione di Brehme.
Mi ricordo un Inter-Ascoli
di quella stagione 1988-89:
Brehme tira un a sassata di
sinistro da fuori area e
incoccia l'interno del palo
opposto, la palla schizza
verso la bandierina lungo la
linea di fondo, invece di
mettersi le mani nei capelli
per la sfortuna, Brehme si
mette a rincorrere il
pallone e crossa, Diaz di
testa segna il terzo gol'.
Quest'anno grande Mourinho?
'Sì, ma mediamente grande,
con quella squadra era più
facile vincere che il
contrario. Sono contento che
sia arrivato Benitez'.
Nell'Inter attuale chi è il
suo campione di riferimento?
'Amo Zanetti, rappresenta
quello che dovrebbe essere
lo sport. Ma dove lo trovate
un difensore del quale puoi
contare il numero di falli
commessi in stagione?'
Dopo Teresa - Anche lei era
di Sesto San Giovanni, come
Gino, Teresa Sarti lo aveva
conosciuto all'epoca delle
superiori, si erano sposati
e insieme hanno fondato
Emergency nel 1994. Teresa
ne è stata la presidente,
fino al primo settembre
scorso, dopo la sua morte,
il testimone è passato alla
figlia. Quando Cecilia aveva
9 anni, per spiegare le
lunghe assenze del padre,
Teresa decise di farle
passare le vacanze di Natale
nel campo profughi di Quetta,
in Pachistan, dove Gino era
impegnato come chirurgo
della Croce Rossa. Cecilia
capì la missione di quel
papà spesso lontano e,
quando nacque Emergency,
lei, nonostante i 15 anni,
era già lì a guardare
lavorare la madre 'come una
ragazza di bottega - spiega
Strada - così è stata pronta
a rendere in mano le redini
dell'associazione,
esattamente come ci
aspettavamo'. Cecilia, nel
frattempo, sposata con Maso
Notarianni, è diventata
mamma.
L'eredità - In ogni caso la
scomparsa di Teresa, una
professoressa di splendida
sensibilità, capace di
coinvolgerti con grande
classe e di portare avanti
le idee argomentandole con
serena determinazione,
poteva rappresentare un duro
colpo per tutta
l'associazione. 'Ogni giorno
- spiega Gino -ci rendiamo
conto di quanto fosse
importante. Però il migliore
omaggio alla vita di Teresa
è venuto da tutta Emergency
che ha raddoppiato gli
sforzi in questo anno. E'
ormai attivo il Centro
Pediatrico di Bangui in
Repubblica Centrafricana.
Abbiamo terminato da qualche
settimana un altro centro
simile a Nyala nel Darfur e
stiamo lavorando per
costruirne un altro a Port
Sudan. Ma, soprattutto,
abbiamo sviluppato il
programma di medicina di
eccellenza. Lavoriamo con 12
paesi africani per offrire
medicina di qualità gratuita
a tutti. E' bellissimo che
attorno ali tavolo insieme a
noi si incontrino i ministri
della sanità di paesi in
guerra fra loro, come
Eritrea, Etiopia e Somalia o
Sudan e Ciad. I politici di
queste nazioni non si
parlano. Noi invece abbiamo
ottenuto di mettere la
sanità al centro
dell'attenzione, così
nessuno di loro si fa
pregare per concedere visti
gratuiti ai pazienti che
formalmente sono nemici. Se
si riflettesse su questi
aspetti, molti istinti
belligeranti verrebbero
meno'.
Programma Italia - Emergency,
che è una ong partner delle
Nazioni Unite, è impegnata
in 7 paesi, fra questi c'è
anche l'Italia. Ma dove è
l'emergenza sanitaria da
noi? 'Ci sono fasce di
persone, e non solo
immigrati - dice Strada -
che non vedono più così
certo il dirittto di essere
curati. La nostra sanità è
tra le migliori del mondo,
ma adesso si sta impoverendo
a favore della sanità
privata. Da 5 anni siamo
attivi con un
poliambulatorio a Palermo,
in settembre apriremo a
Marghera, stiamo lavorando
per un altro a Torino e in
trattative per uno in Puglia
e dall'autunno avremmo due
poliambulatorii mobili per
andare dove sarà
necessario.
La violenza negli stadi - Ma
un uomo che cura le vittime,
nel 90 per cento dei casi
civili innocenti, della
guerra, come vive la
violenza negli stadi? 'Molto
male, tanto è vero che per
lunghi periodi li diserto.
Sono comunque la
rappresentazione della
nostra società dove la
violenza è tollerata, i
valori si perdono, si educa
di meno. Investiamo su un
sacco di cose ma non sulla
cultura, quando scatta
l'allarme economico si
taglia su scuola o sulla
sanità. Guardiamo in Europa:
i paesi meno violenti sono
quelli che hanno investito e
investono sulla cultura.
Per il Congo - L'Inter è
sempre stata vicina ad
Emergency. Ha promosso aste
di magliette (1997 e 2004),
ha devoluto le multe interne
al centro di cardiochirurgia
Salam in Sudan (2004), ha
promosso raccolte fondi e
vendita speciali fra gli
Interclub e a San Siro
(2001, 2002, 2005), foto con
trofei (1998, 1999),
iniziative editoriali e
musicali (1999, 2000, 2003,
2004, 2009) e anche Inter
Campus collabora con
Emergency. Adesso tocca al
Congo: 'Ringrazio l'Inter e
la Banca Popolare - conclude
Gino Strada - perché
permetteranno di trasformare
in un ospedale una festa di
sportivi. Cominceremo i
lavori a Goma già con i
primi soldi raccolti, certi
che altri arriveranno. Sul
nostro sito e su quello
dell'Inter sarà
costantemente disponibile il
rendiconto dei soldi
incassati e delle cifre
spese per il progetto con le
relative motivazioni. Nella
massima trasparenza, come è
tradizione di Emergency'.
07.07.2010
- di Daniele Redaelli da
www.gazzetta.it
Mercoledi, 25
Dicembre 2002
L'INTERVISTA
DI NATALE:
GINO STRADA, L'INTER, LA GUERRA: LA SQUADRA E' UN
MOMENTO DI SERENITA'
GINO STRADA:
"IL PROFITTO E LE INGIUSTIZIE CREANO IL TERRORE E NEGANO LA
VITA"
MILANO – Natale
con Gino Strada, interista, fondatore di Emergency, presente
negli ultimi anni in quindici paesi per strappare alla morte
bambini, donne, uomini, loro malgrado travolti dalla Guerra.
Dalle bombe in Afghanistan, agli eccidi nel cuore
dell’Africa, quindi in Iraq, Gino Strada, chirurgo, ha
allestito ovunque campi di primo intervento, ospedali,
salvando vite. La sua associazione si è trasformata in un
soggetto sociale, presente ovunque in Italia: aggrega forze,
muove le coscienze, stimola governi e autorità, è pungolo
verso i pigri e formali difensori della convivenza civile.
Gino Strada è una persona come noi, anche se le sue mani
compiono quei miracoli laici che, oggi, a Natale, vogliamo
santificare. Miracoli da gente normale, che poi si arrabbia
se vede l’ingiustizia, si scandalizza e si batte quando la
vita è profanata e che gioisce per le cose piccole e grandi
della nostra esistenza, come le gioie individuali o per
qualche gioia collettiva, come l’Inter. Mai ha abbandonato
il pensiero della nostra squadra, anche sotto le bombe in
Afghanistan, anche quando, in mezzo al deserto un solo
satellitare permetteva di chiamare l’amico Massimo Moratti
per sapere le ultime sulla nostra squadra. A lui e a tutti
gli autentici portatori di pace Buon Natale.
- La guerra è alle porte. Un Natale
cupo e denso di preoccupazioni. Eppure ci sono oasi di
serenità.
“Meglio parlare subito delle cose belle che, appunto, danno
serenità. L’Inter è una di queste. L’Inter quest’anno la
vedo una squadra, giocatori motivati, oltre ad essere
tecnicamente di livello, ottimi giocatori che fanno vedere
un buon calcio. La cosa che mi piace è scoprire il vero
entusiasmo di questo gruppo. Vederlo in campo. Intuirlo
nelle fasi difficili di una partita”.
- Tanti impegni, ma quando può lei è a San Siro.
“Ho visto Inter-Atalanta, Inter-Brescia, ad esempio.
Sono stato contento di vedere la straordinaria giornata di
Bobo Vieri contro il Brescia. Bobo è un mio beniamino, quel
giorno mi ha fatto davvero contento”.
- Senza più Ronaldo, cosa significa
per un tifoso che di solito si lega a certi campioni?
“Io considero Ronaldo un capitolo chiuso. In che squadra
gioca? Gioca in Spagna, mi pare, al Real, no?. Io credo
nell’Inter che significa amicizia, significa valori,
riconoscenza, solidarietà. Se tradisci questi valori, come è
stato nel caso di Ronaldo, allora non appartieni più a
questa comunità. Capitolo chiuso. E per questo, invece, mi
piace Cuper”.
- Un allenatore speciale...
“Cuper è l’antitesi del divo, Cuper non tradisce, qualcuno,
anche di quelli che abbiamo avuto in passato, magari con la
puzza sotto il naso, recita. Cuper no. Cuper è proprio uno
di noi”.
- E passiamo al comandante en jefe,
Massimo Moratti...
“Io a Massimo voglio bene. E questo va al di là di ogni
passione. E’ uno splendido innamorato dell’Inter. E’ una
persona con dei valori. Io dico... Massimo a vita. Mi
accompagno con un motto che porto in un cartoncino: Massimo
Moratti, minimo Berlusconi”.
MILANO –
Intervista a Gino Strada (terza parte).
- Il giocatore che l’ha più colpita,
quest’anno, nell’Inter.
“Io dico Emre . Non solo perchè ha dei piedi che sono una
delizia. Non solo. Perchè corre 90 minuti interi, non lascia
tranquillo l’avversario, è uno da slogan, che davvero non
molla mai. Piedi alla Diego, come ormai dicono. Io penso sia
davvero un grande talento: pochissimi hanno un talento di
questo livello fra i centrocampisti che giocano nel
campionato italiano”.
- Natale in testa alla classifica....
“Sì, Natale primi, anche se insieme al Milan. Abbiamo una
squadra minore al nostro fianco, diceva un grande amico.
Pensando a quello che potrebbe succedere in Iraq, a questa
cieca volontà di guerra, che davvero toglie la tranquillità,
io dico: godiamoci per qualche momento, finchè si può il
primo posto in classifica”.
- Guerra alle porte, proprio a
Natale. Sembra che la si voglia fare a tutti costi, oltre
ogni ragionevole dubbio.... Il motivo è sempre lo stesso, la
paura del terrorismo, le armi di distruzioni di massa...
“Io credo che ci sia davvero un po’ di confusione. Guerre
contro il terrorismo? Le guerre che ultimamente ho visto,
tredici purtroppo, sono tutte guerre terroristiche.
Semplice: se in una guerra il novanta per cento dei morti
sono civili, siamo di fronte ad una guerra terroristica. La
cosa la si capisce bene se si sceglie un punto di vista
diverso da quello che solitamente ascoltiamo. Se ci si mette
dal punto di vista di chi le guerre le subisce, la cosa è
evidente. Dal Congo, alla Cecenia, dall’Afghanistan
all’Iraq, quelle guerre sono per il petrolio, per i diamanti
e intanto distruggono case, vite, risorse, condizioni
elementari di sopravvivenza, si distrugge il futuro. Ecco
cosa è la guerra, oggi, negli ultimi anni”.
- Lei è stato in Afghanistan. Ha
lavorato allestendo pronti soccorso e ospedali. La guerra si
è dimostrata un fallimento: tanti, tantissimi morti, il
cosiddetto problema del terrorismo che resta, l’incapacità
di portare pace.
“La situazione in Afghanistan dimostra che la guerra non
risolve il problema della guerra. Una nazione e i popoli che
vi convivono senza le influenze di Russia, Pakistan, Stati
Uniti sarebbero vissuti meglio. Se ciascuno di questi paesi,
anzichè impegnarsi in quella regione, per difendere i propri
interessi e le proprie sfere di influenza avesse piantato
semi di democrazia, aiuti veri, senza tutto il carico di
violenza cui abbiamo assistito, adesso la situazione sarebbe
diversa.
- Portare la pace, difendere la vita.
Recentemente sono state bloccate dagli Stati Uniti le
esportazioni di medicine salva Aids a costi accessibili per
il terzo mondo, nonostante fin dal G8 di Genova si fosse
parlato di grande successo in relazione a presunti
stanziamenti per la lotta all’Aids. La motivazione adottata
dagli Usa è che le medicine salva Aids non possono arrivare
al terzo mondo a prezzi accessibili per difendere le
royalties delle case farmaceutiche. Commentavano negli Usa:
così facendo si arriverà a rendere pubblici i brevetti
anti-calvizie. Ma, davvero, con che persone abbiamo a che
fare?
“E’ questo il nervo scoperto del sistema. Si pensa che il
pianeta possa progredire basandosi sul profitto. Ma il
profitto è un vantaggio di una parte su un’altra. Il
profitto è per pochi contro i tanti che il profitto lo
subiscono. Si calcola che cento famiglie al mondo possiedano
quello che l’intero continente africano non riesce a
possedere e che la differenza fra il nord e il sud del
pianeta sia davvero eclatante con oltre l’80 per cento delle
risorse nelle mani di circa il 20 per cento della
popolazione. E’ questa ingiustizia che genera violenza e che
nelle forme attuali sfocia nel terrore individuale”.
- Girare le spalle alla vita: negando
le medicine e uccidendo suicidandosi, che nesso?
“Il terrorismo kamikaze è una cosa che sconvolge perchè è
assurdo vedere ragazze e ragazzi che ammazzano se stessi per
ammazzare gli altri. Chi non coglie i segnali di
autodistruzione da questa tragedia, significa che ignora
tutto il resto. E il resto è evidente. Negare la vita,
proibendo medicine e facendosi saltare in aria appartiene
alla cultura della indifferenza alla vita. Dovremo costruire
un mondo dove c’è rispetto per la vita: se invece si va in
direzione contraria, significa che abbiamo fallito. E’
pazzesca l’arroganza di chi assiste alla morte di chi ha
diritto alle cure, non so come la vogliamo chiamare questa
legge, il mercato? Negare la medicina a chi muore e farsi
esplodere per uccidere sono segnali osceni che deridono i
valori autentici, di vita. Il Dio denaro viene santificato
in questo modo di pensare: se io possiedo posso togliere. E
le classi politiche non sanno come gestire questa
contraddizione. E le scelte vengono sempre fatte su visioni
miopi”.
- Tante gente, in Europa, è contro la
guerra. I governi, invece la pensano diversamente. Che fare?
“La campagna di Emergency: ‘fuori l’Italia dalla guerra’ credo
abbia ottenuto dei successi. La gente in Italia, lo dicono i
sondaggi, è all’80 per cento contro la guerra. Un anno fa
era diverso, c'era una sorta di ubriacatura. Quindi qualcosa
si è fatto per muovere le coscienze. Il problema è semplice.
Bisogna anche battere l’informazione distorta. Diffidate
quando ascoltate la parola comunità internazionale,
l’opinione comune e tutte quelle espressioni che ci fanno
credere che esiste un consenso generale attorno alla guerra.
Non è così: si spaccia la comunità internazionale per il
consesso dei ricchi, dai quali, in realtà, i poveri del
mondo sono esclusi. Si parla di diritti umani, ma in realtà
è diritto per pochi, mentre gli altri ne sono esclusi. Se in
Mali la gente muore e così in decine e centinaia di altri
posti, che senso ha parlare di vita e diritti umani? I
diritti umani o sono di tutti o sono semplicemente
privilegi. L’idea che tremila morti civili a New York
contino di più di tremila morti civili a Kabul è aberrante.
Ogni essere umano è uguale, ha gli stessi diritti. Lo dice
la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”.
- Guerra vicina, è pessimista?
“Io sono ottimista. La gente sta capendo. La guerra si vuole
fare in Iraq solo per controllare il perolio iracheno, è
evidente. L’Iraq ha subito un milione e mezzo di morti in 11
anni per l’embargo che ha colpito soprattutto i bambini,
privati delle medicine. L’argomento che si utilizza è che
bloccare l’embargo avrebbe favorito Saddam che preferisce le
armi alle medicine. Ma è proprio questo argomento che deve
spingere a dare medicine alla gente irachena. E se si spinge
tutti alla guerra, si spingerà l’Iraq a trovare una
giustificazione alle armi. E poi In caso di guerra ci
saranno ritorsioni, anche nel nostro paese, e comincerà quel
ping pong dell’orrore cui assistiamo, ad esempio, in
Palestina. Dal quale è difficile uscire, ma facilissimo
entrare. Io credo che gli italiani abbiano paura di finire
dentro questo incubo, come appare pericoloso il ragionamento
che andrebbe bombardato chi possiede armi di distruzione di
massa. In questa maniera si giustificherebbe la guerra
contro chiunque. Discorso pericoloso perchè qualcuno
potrebbe rovesciarlo sugli Stati Uniti che sono il maggior
produttore e detentore mondiale di armi di distruzione di
massa”.
- Cosa farà lei in caso di guerra?
“Sono stato a Bagdad un mese fa e ho cominciato a parlare per
aprire un centro chirurgico nella capitale. In Iraq,
Emergency ha due centri chirurgici, due centri di
riabilitazione, alcuni punti di pronto soccorso, vorremmo
costruire un centro chirurgico in più nel sud e un altro nel
Nord. Sarò di nuovo a Bagdad in gennaio, ma prima passerò
per Kabul. Il nostro mestiere è salvare le vite umane. Se
siamo morti non ha senso più niente, nemmeno l’Inter”.
- Cosa spera per Natale.
“ Se si fossero impiegati i miliardi di dollari utilizzati per
la guerra per costruire ospedali e scuole non ci sarebbe
stato tutto questo. I diritti umani sono fondamento di pace.
Ma devono essere diritti per tutti: questo è il fondamento
della pace”.
- Natale triste anche nel luogo sacro
della Natività, Betlemme, città blindata.
“Betlemme è un simbolo del nostro dolore. E dico una cosa, la
dico da non credente: mai la Chiesa è stata così chiara
contro la guerra, mai il messaggio del Papa è giunto così
forte: questa che vogliono fare è una guerra di aggressione.
Assistiamo in queste ore in televisione e altrove alla
ridicolizzazione del messaggio del Papa. Ignorato, collocato
in fondo ai giornali. Tutti pronti a parlare del Papa se
evoca il Natale di luci, regali e alberi colorati. Ma come
il Papa parla di pace, sotto sotto, vogliono dare ad
intendere che sono le parole di un vecchio malato. Ma questo
messaggio di pace, da un augurio lo trasformeremo in
messaggio per le genti”.
dal sito ufficiale Inter.It
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