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Roberto Mancini allenatore della squadra dell'Inter

[mancini]

ROBERTO MANCINI


Nato
il: 27 Novembre 1964 a Jesi (An)

Statura: 179 cm
Peso: 78 Kg.


Statistiche della stagione 2015/2016 di

Roberto Mancini nell'Inter

 


Statistiche della stagione 2007/08

  Campionato Coppa Italia Champions League Supercoppa di lega TOTALE
vittorie 25 4 5 0 34
pareggi 10 2 0 0 12
sconfitte 3 1 3 1 8

 


Statistiche della stagione 2006/07

  Campionato Coppa Italia Champions League Supercoppa di lega TOTALE
vittorie 30 6 3 1 40
pareggi 7 1 3 0 11
sconfitte 1 1 2 0 4

 


Statistiche della stagione 2005/06

  Campionato Coppa Italia Champions League Supercoppa di lega TOTALE
vittorie 23 4 7 1 35
pareggi 7 4 3 0 14
sconfitte 8 0 2 0 10

 


Statistiche della stagione 2004/05

  Campionato Coppa Italia Champions League TOTALE
vittorie 18 7 6 31
pareggi 18 1 4 23

 


29.08.15

Roberto Mancini a "Deejay Football Club"


Le parole del tecnico nerazzurro durante la trasmissione radiofonica in onda sulle frequenze di Radio Deejay

MILANO - Ospite durante la trasmissione radiofonica Deejay Football Club, in onda sulle frequenze di Radio Deejay, Roberto Mancini ha risposto ad alcune domande sul mercato nerazzurro: "In Italia si vince con una rosa più fisica? Noi dobbiamo migliorare la nostra rosa prendendo giocatori un po' più fisici, poi mettendoli insieme bene credo si possano fare dei passi in avanti. Poi per vincere non è detto che basti perché c'è una squadra che domina da anni ed è avvantaggiata". 

Quindi un paio di domande sui possibili obiettivi delle ultime ore: "Eder? Non so se arriverà, mi sembra una trattativa difficile, vedremo. Felipe Melo? È un giocatore di esperienza, che potrebbe aiutarci in mezzo al campo. In Italia lo ricordano in un momento abbastanza difficile, ma se era stato pagato parecchio era perché si erano notate delle qualità. Poi non so se arriverà o meno perché non è una trattativa facile, considerando che mancano meno di tre giorni alla fine del mercato. Perisic? Dovrebbe arrivare oggi".

"La cessione di Kovacic? Non era una volontà, c'erano delle ragioni economiche alla base di quella scelta. L'Inter, come altre società, ha degli accordi con l'Uefa e deve rispettare certi parametri. A malincuore le uniche richieste valide che abbiamo ricevuto erano per Shaqiri e Kovacic. Purtroppo siamo stati costretti a cederli. Mateo ha grandi qualità, come tutti i giovani talenti ha bisogno di tempo, ma l'opportunità di andare al Real Madrid non capita tutti i giorni". 

Infine qualche curiosità, sull'undici di Carpi-Inter ma non solo: "Brozovic recuperato? Oggi si allena, ci sarà. Lui è un centrocampista, non un trequartista ma con l'Atalanta mancava Hernanes, quindi ha dovuto giocare Marcelo in quella posizione. Il futuro di Juan Jesus? Resta con noi. Se rifarei la scelta di tornare all'Inter? Sapevo dal primo giorno che non sarebbe stato semplice, i dirigenti sono sempre stati sinceri con me. Io ho spiegato che per costruire una squadra sarebbe servito del tempo, perché non sono un mago. Adesso ci sono dei giocatori nuovi, avremo bisogno di un po' di tempo ma sono abbastanza convinto che aiuteranno anche chi era qui l'anno scorso a migliorare". 

29-Agosto-2015 - tratto da www.inter.it


Mancini: "Meritavamo di vincere"


Al termine di Inter-Atalanta, il commento del tecnico nerazzurro: "Sono felice per i ragazzi, mi è piaciuto l'atteggiamento della squadra"

MILANO - Buona la prima per Roberto Mancini, che nel match d'esordio contro l'Atalanta ottiene i primi tre punti della stagione: "Sono felice per Jovetic e per tutti i ragazzi. A parte i primi dieci minuti di assestamento, abbiamo giocato bene e meritato la vittoria", ha dichiarato il tecnico nerazzurro. 

"Non era semplice perché l'Atalanta è una squadra organizzata, che difende bene, con tutti gli uomini nella propria metà campo. Mi è piaciuto l'atteggiamento dei ragazzi, la voglia di concedere poco e di crederci fino alla fine. Le partite durano 95 minuti, meritavamo di vincere. Abbiamo fatto il 70% di possesso palla e 21 tiri in porta. Ci saranno tante partite così, dobbiamo essere bravi a sbloccarle prima ma all'inizio della stagione è normale incontrare delle difficoltà. Miglioreremo di partita in partita". 

Si torna poi sui risultati del precampionato: "Non contano niente - ribadisce il mister -. Le amichevoli in fase di preparazione servono solo per migliorare la condizione fisica, per studiare le situazioni di gioco e per arrivare pronti alla prima gara ufficiale. A me non piace perdere neanche in allenamento, ma dopo quattordici giorni dall'altra parte del mondo con sfide contro squadre di livello, ci sta che possano arrivare dei risultati negativi". 

Qualche commento sulle prestazioni dei singoli: "Kondogbia? È un ragazzo giovane, che probabilmente diventerà bravissimo ma gli servirà del tempo per ambientarsi e crescere. Ha patito la preparazione perché non è abituato a certi carichi di lavoro. Miranda-Murillo? Sono felice per come abbiamo difeso, concedendo poco. Brozovic? Per me è stato il migliore, purtroppo siamo in pochi e sono stato costretto a tenerlo in campo anche quando mi ha chiesto di essere sostituito. Icardi? Ha avvertito un fastidio nel riscaldamento, mi ha detto che se la sentiva ma ho sbagliato a farlo giocare. È colpa mia, sapevamo che poteva essere un rischio, ci siamo giocati subito una sostituzione. Santon? Ha fatto una buona partita ma può fare sempre di più. Deve essere più offensivo". 

Infine, sul mercato: "Innesti in attacco? Numericamente siamo molto pochi. Con il ko di Icardi, che non credo ci sarà domenica, abbiamo solo Jovetic e Palacio più Manaj. Siamo contati anche a centrocampo, vedremo cosa succederà".

23-Agosto-2015 - tratto da www.inter.it


Mancini: "Siamo l'Inter, puntiamo al massimo"


Le parole del tecnico nerazzurro alla vigilia di Inter-Atalanta, 1^ giornata della Serie A TIM 2015/16

APPIANO GENTILE - Prima conferenza della stagione per Roberto Mancini, che al centro sportivo "Angelo Moratti" incontra i giornalisti alla vigilia di Inter-Atalanta. Si inizia dagli obiettivi della squadra per il campionato che sta per cominciare: "Scudetto? Quando inizia il campionato tutti partono per il massimo traguardo. Siamo coscienti della nostra qualità, dipenderà da noi. L'Inter deve partire sempre puntando all'obiettivo più importante. Partiamo tutti alla pari, saremo noi a dover costruire il nostro destino. La nostra è una squadra competitiva, dovremo esser bravi a restare nel gruppo di testa. Il lavoro che abbiamo fatto l'anno scorso ci servirà, deve essere la base per i nostri successi futuri. Io sono abbastanza tranquillo su quello che la squadra potrà dare nel corso della stagione". 

Inevitabile poi qualche domanda sul mercato: "La società sta lavorando, ma il nostro pensiero è rivolto ad Atalanta e Carpi. Il fatto che sia ancora aperto il mercato è un elemento di disturbo, perché un allenatore vorrebbe sempre lavorare con la rosa definitiva sin dal primo giorno di ritiro. Ma le voci di mercato le lasciamo a chi lavora all'esterno. Perisic? Abbiamo operato per migliorare la rosa, vedremo quello che accadrà entro fine agosto. Chi mi ha stupito dei nuovi? Sono giocatori che hanno bisogno di ambientarsi, non è semplice. Abbiamo lavorato molto bene in fase di preparazione e questa è la cosa più importante. C'è bisogno di tempo per conoscere il campionato e i compagni. Le partite estive non hanno grande importanza, servono solo per arrivare pronti al primo impegno ufficiale e per sistemare delle situazioni di gioco. Da domani conterà il risultato e sarà importante conquistare i tre punti". 

Quindi, sui singoli: "Hernanes? Sta abbastanza bene, ha lavorato con il gruppo tutta settimana. Vedremo dopo l'ultimo allenamento. Jovetic-Icardi coppia titolare? Davanti abbiamo tre giocatori, due giocheranno. Vedremo... Vertice basso del rombo? Al momento abbiamo Gnoukouri e Medel che possono ricoprire quella posizione. Montoya? Nessuno di noi ha mai avuto dubbi su di lui. Arriva da una grandissima squadra e anche lui ha bisogno di tempo per adattarsi. Medel mezz'ala? Gary può fare tanti ruoli, è un giocatore eclettico". 

Infine spazio ad alcune curiosità sui movimenti in entrata e in uscita: "Kovacic-Kondogbia? Geoffrey può diventare uno dei migliori centrocampisti al mondo, è stato acquistato perché si è presentata la possibilità di farlo. Per Mateo è stato un discorso diverso, legato al fair play finanziario. Cederlo non era volontà di nessuno. Purtroppo è stata un'esigenza. Cosa è mancato a Shaqiri? Puntavamo molto su di lui, ma a luglio è stato il primo giocatore richiesto da altri club. Avevamo bisogno di sacrificare qualcuno e a malincuore abbiamo deciso di rinunciare a lui. Non è una questione di programmazione, è stata una scelta dettata da altri motivi. Gli auguro il meglio in Premier League". 

22-Agosto-2015 - tratto da www.inter.it


Carriera di Roberto Mancini

 
stagione squadra serie vittorie
2000/01 Fiorentina A TIM Cup
2001/02 Fiorentina A  
2002/03 Lazio A  
2003/04 Lazio A TIM Cup
2004/05 Inter A TIM Cup
2005/06 Inter A Scudetto, TIM Cup, Supercoppa Italiana
2006/07 Inter A Scudetto, Supercoppa Italiana
2007/08 Inter A Scudetto
2009/10 Manchester City PL  
2010/11 Manchester City PL FA Cup
2011/12 Manchester City PL Campionato inglese
2012/13 Manchester City PL Community Shield
2013/14 Galatasaray SL Coppa di Turchia

 


 
  Competizione V N P piazzamento
2004/05 Campionato 18 18 2 3'
Champions League 6 4 2 el. 4i di finale
Coppa Italia 7 1 0 Vittoria
2005/06 Campionato 23 7 8 Scudetto
Champions League 7 3 2 el. 4i di finale
Coppa Italia 4 4 0 Vittoria
Supercoppa di lega 1 0 0 Vittoria
2006/07 Campionato 30 7 1 Scudetto
Champions League 3 3 2 el. 8i di finale
Coppa Italia 6 1 1 2'
Supercoppa di lega 1 0 0 Vittoria
2007/08 Campionato 25 10 3 Scudetto
Champions League 5 0 3 el. 8i di finale
Coppa Italia 4 2 1 2'
Supercoppa di lega 0 0 1 2'
TOTALE 140 60 26  

 

Il nuovo tecnico dell`Inter, Roberto Mancini è nato a Jesi, provincia di Ancona il 27 novembre 1964. Cresciuto nelle giovanili del Bologna, da giocatore ha disputato 19 stagioni in serie A con i felsinei (esordio il 13 settembre `81: Bologna-Cagliari 1-1), la Sampdoria (dall`82-83, fino 96-97) e la Lazio (dal 97-98 fino al 99-2000), collezionando 541 presenze e 157 gol e vincendo 2 scudetti, 6 coppe Italia (record assoluto), 2 Supercoppe italiane, 2 Coppe delle Coppe, 1 Supercoppa Europea. Da segnalare anche le 36 partite e i 4 gol con la maglia della Nazionale.Come allenatore, Mancio esordisce con la Fiorentina nella stagione 2000/01 (in Perugia-Fiorentina 2-2, l`11 marzo 2001), subentrando all`esonerato Terim e portando i viola alla conquista della Coppa Italia. Si dimette l`11 gennaio 2002 e il 9 maggio diventa ufficialmente il nuovo tecnico della Lazio, subentrando curiosamente, anche in quell`occasione, ad Alberto Zaccheroni. Alla sua prima stagione in biancoceleste arriva quarto in campionato e in semifinale di Coppa Uefa e Coppa Italia, nonostante i gravi problemi della società. Sesto posto nell`ultimo campionato ma ancora una vittoria in Coppa Italia (la sua ottava in assoluto). Il suo bilancio in serie A è di 39 vittorie, 29 pareggi e 30 sconfitte.

MANCINI: "IL NUOVO ANNO È INIZIATO BENE"
 

LIVORNO - "Il nuovo anno è iniziato bene, così come si era concluso", queste le prime parole d Roberto Mancini al termine di Livorno -Inter. Mancini prosegue: "Siamo felici di aver giocato una buona gara, forse avremmo potuto chiuderla prima. Materazzi dopo il gol ha detto qualcosa verso la panchina? Ha detto qualcosa, ma non si stava rivolgendo alla panchina. Ce l'aveva con qualcuno che lo prendeva in giro durante il riscaldamento. Sono contento per Marco, oggi ha dimostrato cosa significa farsi trovare pronti. E poi questo pomeriggio la difesa ha fatto benissimo". Quanto alle domande sul calciomercato Mancini spiega: "L'ho già detto ieri in conferenza stampa: nessuno dei giocatori dell'Inter è venuto a chiedermi di andare via. Io sono molto contento dei giocatori che ho a disposizione, anche se capisco che siamo in tanti e qualcuno sia un po' sacrificato. Capirei se ci fosse uno di questi che mi chiedesse di essere ceduto per avere più spazio in un'altra squadra". "Comunque oggi sono contento di quanto fatto dai ragazzi - prosegue -. Non abbiamo mai rischiato e questo è positivo, ripeto: forse avremmo dovuto chiudere prima la partita, subire un gol sfortunato può capitare sempre. Crediamo ancora di poter essere protagonisti in campionato, ci credevamo prima della sosta e lo facciamo a maggior ragione ora. In queste ultime due partite siamo stati un po' più concreti e cinici. L'Inter però è stata sempre la stessa, in altre occasioni ci siamo lasciati scappare possibili vittorie. I due rigori concessi da Rosetti? Ho visto le immagini, ci sono entrambi".


MANCINI A "RADIO ANCH'IO SPORT"

MILANO - Roberto Mancini è intervenuto questa mattina in diretta alla trasmissione "Radio Anch'io Sport". Inter.it vi offre la versione testuale dell'intervista al tecnico nerazzurro. Ecco la prima parte.
Nessuna squadra è riuscita ancora a battere l'Inter, un dato che non va sottovalutato.
"Sicuramente questo è vero. Nonostante questa soddisfazione, in questo momento siamo ancora un po' lontani dalla vetta della classifica. Il nostro obiettivo è quello di avvicinarci il più possibile a Juventus e Milan".
Roberto Mancini è stato chiamato a trasformare un gruppo di grandi giocatori in una squadra vincente. Come procede il lavoro?
"Fare l'allenatore non è semplice, ovunque ci sono difficoltà. Però mi sembra che all'Inter le cose stiano migliorando e siano migliorate già molto".
Mancini non è arrivato da molto. Ci vuole del tempo per creare una squadra vincente?
"Non c'è nulla di strano. Nelle grandi squadre si deve fare il possibile per riuscire a vincere subito, noi stiamo cercando di fare questo".
Si può dire che, rispetto alle Inter degli anni scorsi, quella di oggi ha maggiore personalità?
"Questo non lo so, anche perché da fuori è difficile giudicare e parlare di altre Inter sarebbe un po' parlare a sproposito. Posso solo dire che la mia Inter ha iniziato con qualche difficoltà , ma ora sta venendo fuori abbastanza bene. Stiamo migliorando anche grazie ad alcuni errori commessi all'inizio, ma credo che questo ci stia quando si cerca di fare le cose bene e sempre al massimo. Comunque vogliamo proseguire sulla strada imboccata e progredire ancora".
Quando l'Inter potrà permettersi il tridente?
"Con i giocatori che abbiamo noi in organico è sempre stato il mio pensiero giocare con tre attaccanti. Ma quando l'abbiamo fatto abbiamo avuto qualche difficoltà di equilibrio. E nonostante attaccanti straordinari in quelle occasioni abbiamo avuto difficoltà anche ad arrivare sotto porta. Quando li abbiamo schierati a gara in corso, e non dal primo minuto, le cose sono invece andate meglio. La speranza è comunque sempre quella di poter schierare il tridente".
Sinisa Mihajlovic contro la Roma ha realizzato una doppietta su punizione. Non sono i suoi primi gol all'Inter, anche se qualcuno all'inizio era titubante sul suo arrivo a Milano.
" Mihajlovic è un grande campione, nella sua carriera ha vinto tutto ciò che c'era da vincere. Sa giocare al calcio e questo è fondamentale anche se ha 36 anni. È sempre stato un giocatore che ha saputo gestire e curare il suo fisico con grande professionalità. Quando ho chiesto all'Inter di prenderlo, e lui era svincolato, pensavo potesse essere utile al progetto con le sue caratteristiche".
Vedremo ancora la conta tra Mihajlovic e Adriano per battere le punizioni?
"Spero di no, anche se non mi ero neppure accorto dalla panchina e comunque non è successo nulla di grave. Ci sono delle priorità per battere le punizioni, anche se i due che erano sulla palla in quel momento sanno tirare le punizioni abbastanza bene... Certamente, come avete sottolineato anche voi, questo episodio ci riporta al calcio giocato quando eravamo bambini. È vero da bambini si faceva così per calciare un rigore o una punizione. Però, quella di sabato, era una partita vera e difficile, da chiudere a nostro favore il prima possibile. Altrimenti, se la Roma avesse pareggiato, la conta l'avrebbero fatta a noi... (ndr.: sorride)".
Pochi minuti fa abbiamo parlato con Fabio Capello degli spifferi dallo spogliatoio che c'erano alla Roma e che, invece, non ci sarebbero alla Juventus. Che cosa ne pensa?
"Sono cose che sono sempre successe. È chiaro che tutto andrebbe tenuto all'interno dello spogliatoio, nel rapporto tra le persone, però qualche volta può scappare una parola con un amico giornalista. Ripeto: è sempre andata così. È impossibile che non esca mai nulla"

MILANO - Roberto Mancini è intervenuto questa mattina in diretta alla trasmissione "Radio Anch'io Sport". Inter.it vi offre la versione testuale dell'intervista al tecnico nerazzurro. Ecco la seconda parte.
Qualcuno ha discusso sulla punizione dalla quale è scaturito il primo gol di Mihajlovic, ma è anche vero che, su un colpo di testa di Esteban Cambiasso diretto in rete, c'era un fallo di mano di De Rossi...
"Sul colpo di testa di Cambiasso devo essere sincero: dalla panchina mi sembrava di aver visto il tocco di mano. Sulla punizione, invece, secondo me c'era".
Sui campi di calcio, al giorno d'oggi, forse si protesta troppo e, a volte, senza ragione. Che cosa ne pensa?
"Purtroppo è vero che si protesta tanto, infatti quando si capita di vedere le gare del calcio inglese sembra di essere in un altro mondo. Non so come si possa trovare una soluzione per questo. Probabilmente è una questione di cultura. Quando giocavo io si protestava, ma le cose non erano così esagerate".
È giusto dire che sabato a Udine l'Inter si gioca la vittoria del campionato?
"A inizio stagione abbiamo buttato via parecchi punti, ora siamo nella condizione di non poter sbagliare. Dovendo rincorrere, Un pareggio per noi viene interpretato come un mezzo passo falso. Per raggiungere Juventus e Milan avremmo bisogno di una serie di vittorie importanti, anche se non so quante, perché ci sono ancora 14 gare da giocare, compresi tutti gli scontri diretti. Non credo sia una cosa impossibile, anche perché sta per tornare la Champions, nella quale siamo tutti impegnati".
Esiste un problema tattico sul ruolo di Juan Sebastian Veron?
"Per prima cosa devo dire che Veron sabato sera aveva la febbre a 38 e non stava benissimo. Comunque, giocando in quel ruolo, nelle ultime gare aveva fatto benissimo, per esempio a Palermo. Poi lui svaria comunque a tutto campo. Con questa disposizione abbiamo trovato un certo equilibrio, ma ciò non vuol dire che Veron partirà sempre dalla fascia, anche se dire che fa il tornante è molto riduttivo, visto il suo ampio raggio d'azione".
Nel recupero di Christian Vieri quanto è stato decisivo il vostro rapporto?
"Essendo stati anche compagni di squadra alla Lazio, lo conoscevo già abbastanza bene sia come ragazzo che come giocatore. Però credo che sia stato soprattutto merito suo saper uscire da una situazione non difficile, ma neppure semplice. È stato bravo e le sue qualità tecniche non si discutono".
Infine: Adriano come sta?
"Nella gara con la Roma l'ho visto bene. Non si può sempre pensare che realizzi un gol a partita. La cosa che più c'interessa è che lui sta bene e che, rientrato dopo l'infortunio, stia ritrovando il ritmo-partita".

 


MANCINI: "INTER, ULTIMO AMORE ITALIANO"
 

MILANO - "Sì, è vero, ho dichiarato che l'Inter sarà la mia ultima esperienza nel calcio italiano. L'ho detto, ci credo, spero di restare a lungo e di vincere tanto. No, non penso che cambierò idea, l'Inter sarà l'ultima esperienza in Italia". Con queste parole, le parole di Roberto Mancini, per quello che lui stesso ha definito "il suo unico pensiero", si è aperta la serata che la Comuna Baires ha dedicato al tecnico nerazzurro. L'incontro, organizzato e diretto da Renzo Casali, ha visto la partecipazione di Darwin Pastorin e Antonio Stefenoni, che hanno stimolato il confronto con Mancini.
Davanti a oltre 200 persone, nella nuova sede della Comuna Baires di Milano in via Parenzo, il tecnico nerazzurro ha raccontato il suo intatto sogno infantile del calcio come divertimento, "era così per me quando giocavo, e la sera prima della partita sognavo di segnare un gol in un determinato modo, lo sognavo così tanto che non mi addormentavo fin quando non era riuscito proprio come lo desideravo; deve essere così, un divertimento, anche per i miei calciatori, perché per chi gioca non c'è nulla di più bello del calcio, della poesia e della fantasia di una partita. Quando a Bologna, ed era il 1977, mi dissero che avrei guadagnato 90mila lire al mese per aver superato il provino, non ci credevo. Mi sono chiesto: come? mi pagano per divertirmi?".
Sotto gli sguardi di Bedy Moratti e di Maurizio Fabris del Consiglio d'Amministrazione dell'Inter, seduti in platea insieme con Enrico Bertolino, Maurizio Cucchi e tanti altri tifosi nerazzurri, Mancini ha parlato di quando, a 13 anni, si trasferì a Bologna e "alla sera, spesso, mi sentivo solo e telefonavo a mamma; forse, per questo motivo, se mio figlio dovesse chiedere di lasciare la famiglia a 13 anni probabilmente gli direi di no". Il tecnico ha poi raccontato la carriera, "strana", in nazionale ("sono stato uno dei calciatori che ha raccolto meno presenze, anche se ho il record di convocazioni con più ct diversi, da Bearzot a Sacchi"), dell'impossibilità di riavvolgere il nastro degli anni ("è impossibile tornare all'atmosfera del calcio di 15 o 20 anni fa"), della sua libertà di espressione ("ho sempre parlato, anche a sproposito, in libertà; la libertà è la cosa più importante"), dell'imbarazzo davanti alla questione-doping ("in tanti anni di carriera non ho mai visto nulla di strano, forse perché penso sempre positivo, forse perché ho cambiato poche squadre, forse perché non ci voglio neppure pensare, visto i danni che provoca questa situazione").
Una parte importante della storia del "Sogno del Cavaliere Mancio" (questo il titolo della serata) è stato dedicato al rapporto tra Mancini e la Sampdoria, l'avversario che aspetta l'Inter domenica allo stadio "Meazza". "È vero, in Massimo Moratti rivedo Paolo Mantovani, che per me è stato come un padre. Io e Moratti - ha confessato Mancini - ci siamo conosciuti davanti a una bistecca, a Tortona, quando speravo di poter vestire, da calciatore, la maglia nerazzurra. Poi le cose sono andate diversamente e ci siamo ritrovati, con altri ruoli, quest'estate. Moratti mi ricorda Mantovani per l'amore che ha e che manifesta sempre nei confronti dell'Inter, dei calciatori dell'Inter, dei tifosi dell'Inter. È qualcosa di straordinario". Tanti, nell'incontro alla Comuna, gli
attestati di fede nerazzurra ("non è più solo il blu il mio colore preferito") e i ricordi di quella squadra blucerchiata dei miracoli, dove è rimasto "una vita".
"In quella Sampdoria eravamo un gruppo incredibile. Quando andavamo in ritiro ci divertivamo un mondo. Passavamo le ore a parlare. Era bellissimo. L'amicizia con Vialli è sempre stata sincera. Io e Gianluca avevamo due carattere opposti, io più istintivo e introverso, lui più intelligente di me, pensava sempre prima di parlare... Abbiamo 'rotto' una volta sola, durante un allenamento. Una stupidata, come capita tra amici veri. Invece di chiamarmi 'Mancio' per passarmi al palla disse 'O Mancini'. Una cosa insolita per noi. Così non ci siamo parlati per una settimana. Tutti ci dicevano 'dai, fate pace', ma non c'era verso. Poi, alla gara dopo con la Sampdoria, è tornato tutto come prima, come sempre. Sono andato sulla fascia e, come gli ricordavo spesso, gli ho tirato sulla testa la palla per segnare un gol... ".
Mancini ha riso e scherzato, ha ricordato di essere nato "unico maschio fra 25 femmine", di avere avuto meno fidanzate di Vialli, di essere stato innamorato della prima maestra, quella della scuola elementare, di avere un figlio (il più grande) non portato per il calcio, "ma il secondo, quando gli ho tirato per la prima volta una palla, ha fatto un bellissimo colpo di tacco".
La registrazione dell'incontro alla Comuna Baires con Roberto Mancini andrà in onda, in versione integrale, nei prossimi giorni su Inter Channel .

Dal sito ufficiale www.inter.it

 

Fino a qualche tempo fa c’era, adesso non so. È una scritta, sul muro che fiancheggia il campo d’allenamento della Sampdoria, sopra Bogliasco. È un inno al Mancio. Di lui parlano, ancora, al bar, all’edicola, nella pizzeria vista mare dove a ndavano allora i giocatori. Altro calcio, altra gente, altri profumi.
 Mettiamola così: Mancini è uno che a Genova ha fermato il tempo. Quella Samp fu una leggenda. Così, nessuno ha mai cancellato la scritta. A dirla tutta, fu una leggenda pure a Bologna. Dove era arrivato giovanissimo, nell’81, sfiorando anche allora l’Inter. Ma poi, prese la via del mare. E della leggenda.
Si realizza esattamente dieci anni dopo. Nella stagione 90/91, scudetto della Sampdoria. Il numero dieci, in questa storia, ha un suo peso.

Lui, Vialli, Pagliuca. Anche Marco Branca ha giocato lì.
Al campo si arriva per una strada a curve, si abbandona il mare e si sale in collina. È un attimo. Il blu lascia posto al verde. È la Liguria.
Al campo della Sampdoria ci sono finita per Inter Channel, in tempi non sospetti. Volevo
ripercorrere la storia di Mancini Roberto, nato a Jesi quarant’anni fa. Uno dei tanti che da ragazzini provano a giocare a calcio, anzi, a pallone, si dice così. Uno dei pochissimi a farcela. A farcela alla grande: a venirne fuori da esemplare unico, di quelli cui si abbinano i termini, classe, fantasia, intelligenza.
Volevo capire, per esempio, come si fa ad affrontare certe scelte. A rinunciare a un sogno per lealtà nei confronti dei tifosi. A metterci la faccia sempre e comunque. A non pentirsi.
Lui, poi, l’ho incontrato a Firenze, allora allenava lì. Aveva vinto una Coppa Italia e gestiva un gruppo di cui doveva inventare, praticamente da solo, il futuro. La Fiorentina era già allo sbando, lui non voleva sbandare. Questione di carattere.
Me lo ricordo, seduto in tribuna all’Artemio Franchi vuoto. Un guerriero.
 

Tornai a casa con alcune idee. Che fosse un grande, e che fosse una specie di uomo ponte, fra un calcio del passato e quello che invece ci stava aspettando. Mi venne in mente che gente come Mancini fosse la soluzione.
Aveva parlato di Paolo Mantovani come fosse un padre, di Massimo Moratti come fosse non un sognatore, neanche un generoso, ne aveva parlato come di una persona cui affezionarsi, in cui credere.

Facemmo un gioco. Si poteva tornare indietro, accettare l’offerta dell’Inter, venirci a giocare.
Sì, si poteva, tanto questa era una storia immaginata, ma perfino quella vera era così strana nella sua straordinaria normalità da sembrare immaginata. Prendete il presidente di uno dei club più importanti del mondo e mettetelo insieme a uno dei numeri dieci più importanti del mondo. Ma non fateli incontrare, che so, in un grande albergo di Milano, no, metteteli in un sera d’inverno a tavola in una cittadina né bella né brutta, al confine fra la Liguria e la Lombardia. Tortona, che di carino ha giusto un piccolo, vecchio centro storico e una madonnina d’oro che svetta nella nebbia. Utilizzate questa scenografia, perché è stata quella vera.
Come è stato vero l’entusiasmo, come è stato reale il rammarico di rinunciare per non riuscire a dire di no a un pubblico. La Samp aveva perso Mantovani, non poteva perdere anche Mancini.

Che finale dare alla storia che non c’era stata?
Avremmo vinto, mi fece lui, di sicuro avrei dato il massimo. Forse ho sbagliato, ma non me la sono sentita di abbandonare quella gente. La parola ‘forse’ la utilizzò per un suo dubbio personale, sull’Inter di dubbi non ne aveva.
Poi, di fatto, la Sampdoria chiuse un ciclo, anzi, era già chiuso e lui se ne andò alla Lazio. Con Sven Goran Eriksson. Sempre più uomo ponte, fra il calcio che non c’è più e quello che verrà. Giocatore, allenatore in seconda, forse manager. Uno capace di avere tutti i ruoli, diceva il suo gemello del gol che era andato ad allenare in Inghilterra. Gianluca Vialli raccontava che sì, sarebbe stato meglio per lui venire all’Inter, giocarci, ma anche che Mancini non sempre sceglie le soluzioni più facili. È uno capace di fare scelte scomode.

È un numero dieci. È uno dei migliori numeri dieci della storia. Forse lo è dentro, dev’essere che quel dieci che ti porti sulla maglia ti segna, o forse l’hai preso perché potevi solo essere così. I numeri dieci, quando lo sono sul serio, sono gli uomini che danno l’anima alla squadra. Sono irripetibili.
Poi Eriksson se ne andò in Inghilterra, da ct. Avevano portato a casa uno scudetto, cinque coppe, avevano vinto.

Quando ho incontrato Mancini a Firenze, tutto era già successo, molto doveva ancora succedere.
La Fiorentina di Roberto Mancini dev’essere stata una prova scomoda. Ci arriva che ancora si parla della viola come di una grande realtà del calcio italiano. Ma dura poco. L’uragano è dietro l’angolo. Mancini vince a Firenze una Coppa Italia senza garanzie, senza nulla. Se non quella sua forza da numero dieci, e da capitano, che sono diventate la sua forza da allenatore. La passa alla squadra.

Dopo, torna a Roma.
Sempre Lazio, all’inizio dev’essere sembrato facile, ma poi è tornato a doverci mettere la faccia. Voci allarmanti, giocatori da motivare oltre la frontiera più conosciuta a tutti nel calcio di oggi, il denaro. Dev’essere stato entusiasmante, proprio perché è diventata una grande sfida. Fino all’ultima finale di Coppa Italia.
Il destino gioca degli scherzi strani, quella partita la vedo con Karl Heinz Rummenigge a Monaco di Baviera, felici come avessimo vinto noi, dev’essere che quel modo di sfiancare la Juventus e metterla alle corde, suona come una specie di rivincita.

Mancini è uno che ha dato tutto quello che poteva dare ovunque si sia messo in discussione. È uno che si espone senza condizioni. Detta così sembrerebbe quasi da icona del passato, ma questo è un uomo fortemente ancorato al presente. Rintracciare Roberto Mancini in rete, vuol dire approdare in meno di un secondo a 79.900 risultati, tanto che il motore di ricerca consiglia qualche griglia. Ha un sito suo, dove leggi che gli piacciono le lasagne e Michelle Pfeiffer. Neanche quanto a macchine scherza. È pure bello. È un vero uomo ponte, fra il numero dieci che era e l’allenatore che è.

Su quel muro del campo di Bogliasco al confine fra il mare e la collina, c’è dipinta anche la faccia del lupo di mare che simboleggia da sempre la Sampdoria. Lui se l’è tatuata su un polpaccio.
Non so in quale giorno o notte abbia deciso di rimettersi in gioco da noi. So che se gli si parla, è come se fosse un destino segnato. Una storia di affinità elettive. Di sintonie. Tipo una canzone, che non ha ancora inventato nessuno, parole di Paolo Conte e ritmo dei Dire Straits.                                      

                                                                                Susanna Wermelinger

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